Mussomeli, tra chiese e palazzi, dame e cavalieri

img_3790SICILIA DELLE MERAVIGLIE Se è vero che nell’isola sono tanti gli itinerari che conducono i viaggiatori in un passato ricco di testimonianze culturali e artistiche, è altrettanto vero che in un viaggio alla scoperta del Nisseno, non può mancare una puntata a Mussomeli. Un paesino arroccato sul monte Cammarata, nel cuore del Vallone, che separa le province di Caltanissetta ed Agrigento. Merita l’appellativo di “Presepe d’Europa” per la sua particolare struttura urbana.

Diciassette chiese per undicimila abitanti, tra vicoli e palazzi storici: ogni luogo a Mussomeli profuma di culto e mistero. Dall’area archeologica di Polizzello e Raffe, alle stradine del centro storico d’impronta medioevale; dalle numerose Chiese, ai magnifici edifici storici, come quelli di Trabia, Minneci, Sgadari e il seicentesco palazzo La Rizza. Per finire alle suggestioni di un magnifico castello manfredonico, circondato da una natura impervia, isolata e spinosa, che lo ha reso dalla sua edificazione una fortezza inespugnabile, trasformandolo poi in un luogo di intrighi e inquietitudini. Vi aleggiano strane leggende di fantasmi (leggi cosa accade tra le mura del castello) che si aggirano tra le stanze. Ancora oggi qualcuno dice di sentire parole, echi e suoni di anime inquiete di cavalieri, dame e principesse.

Edificato nel 1300 su una precedente fortezza araba da Manfredi III Chiaramonte, conte di Modica, a cui Mussomeli deve il suo primo toponimo Manfreda, il maniero è come incapsulato nello sperone di una rocca calcarea, a forma di “Nido dell’aquila” (così lo chiama la gente del luogo). Sembra inattaccabile. La sua imponenza prorompente rievoca il potere dei baroni feudali del tempo, salvo poi offrirsi a un panorama mozzafiato che abbraccia tutta l’isola.

È il paese delle Chiese (scoprile tutte) la vecchia Manfreda. Un numero spropositato, legato a vicende storiche intrecciate a pretesti personali dei feudatari che si sono avvicendati, e alla religiosità della comunità, che mantiene intatta la devozione per le sue “Madonne” e i suoi Santi come una volta.

Furono tante le signorie che si passarono il comando di quelle terre. Nel 1391 al vecchio Manfredi succedette il cugino Andrea Chiaramonte, un cavaliere intrepido e coraggioso, ma che fu presto abbandonato da tutti, arrestato e condannato a morte. Alla sua scomparsa, il feudo passò di mano in mano. Prima ai Moncada de Prades, poi ai Castellar de Valenza, ai Perapertusa, ai Ventimiglia e poi ai Campo, che vi restarono per circa ottant’anni. Solo nel 1548 la padronanza passò a Don Cesare Lanza, che ne divenne ufficialmente barone due anni dopo, assicurando quella terra alla sua famiglia fino al 1812, anno in cui il parlamento siciliano gettava le basi della nuova costituzione, abolendo la feudalità e lasciando ai possessori dei feudi solo titoli e onorificenze.

I diciassette luoghi di culto sono disseminati lungo il territorio tra i vicoli e le case serrate una all’altra. C’é la maestosa Chiesa Madre (o San Ludovico, del XIV secolo ) che spicca tra i tetti del centro storico e il vicino oratorio dell’arciconfraternita del SS. Sacramento (del XVII secolo); il San Domenico, ovvero l’attuale Madonna dei Miracoli, patrona del paese (leggi la storia), costruita dai padri domenicani. Ci sono le Chiese di Santa Margherita, una delle più antiche del paese (XIV secolo), la Provvidenza e San Francesco d’Assisi (1524) ultimata nel 1905, che oggi ospita i frati francescani. E poi, la Batia (del 1682) che accoglie il collegio di Maria delle monache Benedettine dell’Annunziata; Santa Maria dei Monti, sorta attorno al 1560 come sede della Confraternita del Monte e la chiesa di Sant’Antonio, la cui costruzione viene fatta risalire alla seconda metà del XVI secolo (1560). E ancora, Santa Maria del Carmelo (del XVI), Sant’Enrico e San Giovanni Battista, che risale certamente ai primi decenni del ’50, e la chiesetta della Madonna di Trapani (del 1737) chiusa ormai al culto per le condizioni precarie della struttura. Il Cristo Re, invece, è l’edificio più recente (inaugurato nel 1993) che custodisce molte opere: un grande affresco che ritrae Gesù con gli angeli, i Santi e gli apostoli Pietro e Paolo; uno sfarzoso tabernacolo, un crocifisso ligneo del 1700 di un autore ignoto e due statue che raffigurano San Giuda Taddeo e la Madonna di fine ‘700.

Completano il numero, la bellissima chiesetta di Santa Maria di Gesù, dove viene venerata anche Santa Rita. Nel giorno dei festeggiamenti si sfornano deliziosi panini dolci che vengono benedetti e distribuiti ai fedeli. Santa Maria delle Vanelle, che una credenza popolare vuole che sorga nel punto in cui venne miracolosamente ritrovata una lastra di pietra raffigurante la Madonna con San Michele, anche se la storia racconta che fu il principe di Cattolica Eraclea, vicario generale del regno, che volle costruire l’edificio dopo essersi salvato dall’annegamento in un torrente. La Chiesa aperta al culto nel 1935 come promessa votiva per il pericolo scampato. La diciassettesima è la cappella della Madonna del Riparo (realizzata nel 1875 dal Biangardi), costruita nel 1631 da Don Vincenzo Sorge Malaspina come cripta per la sepoltura della famiglia, ma oggi diventata una delle mete preferite dai turisti per la vista indimenticabile di cui gode. Da lì, allungando lo sguardo si possono ammirare le antiche case del quartiere Madrice e l’intera vallata con il Monte San Paolino.

Tornando al toponimo di Mussomeli, in passato geografi e storici hanno a lungo dibattuto sulla sua origine, se dal latino Mons mellis o dall’arabo Menzil Malek (Manzil che significa dimora, casale e Mel che significa bene), senza mai però trovarsi d’accordo. Ma una recente scoperta di un giovane storico, Michele Ognibene, ha riaperto la discussione: il nome della città sarebbe da attribuire ad un califfo Al-Mus’Tansir, che regnò dal 427 al 487. Una tesi confermata dalla scoperta fatta da un pastore agli inizi degli anni ’20 nei pressi del Castello Manfredonico. I pecoraio trovò un contenitore di terracotta con circa 125 monete arabe, meglio conosciute come dinar, che portavano il nome del califfo. Lo storico si dice certo: l’etipo del toponimo Mussomeli deriverebbe da “Muss” seguito da Meli (termine bizantino, riadattato dall’arabo in menzil- minzil), ovvero i casali di Al- Mus’Tansir.

I prodigi della Madonna dei Miracoli

La storia risale al 1530, periodo in cui Mussomeli era sotto la dominazione dei Campo. Tutto iniziò l’8 settembre, quando un povero paralitico che girovagava per i viottoli in cerca di elemosina, per la stanchezza del mulo, si adagiò su una pietra e si addormentò. Al risveglio si accorse di essere guarito. Incredulo, toccandosi ripetutamente, iniziò a correre gridando al miracolo. Accorsero in molti dal paese e, sentito il prodigio, iniziarono a cercare fra i rovi una testimonianza concreta. A pochi passi dal punto in cui il mendicante si era fermato a dormire fu ritrovata una pietra dipinta con l’immagine della Vergine col bambino Gesù. Per la gente, non ci fu più alcun dubbio, la Madonna aveva scelto quel posto per essere onorata. Così “la adorarono e la chiamarono Madonna dei Miracoli”. Di lì a poco fu costruita dai frati Domenicani una chiesetta (l’attuale cripta) e nella struttura fu incastonata la pietra del miracolo con l’effige della Vergine.

Ma la guarigione del paralitico non fu il solo prodigio. La Madonna concesse una grazia anche alla famiglia del principe Lanza: guarì il piccolo Lorenzo. In segno di ringraziamento, la principessa donna Giovanna andò in pellegrinaggio fino alla chiesetta per donare alla Vergine una cintura in maglia d’argento e una catena di oro smaltato bianco e nero, inaugurando così quella che oggi per i mussomelesi è ormai una tradizione.

La celebrazione Ogni anno, dall’8 al 15 settembre, per i festeggiamenti, a Mussomeli si ritrovano un gran numero di fedeli che arrivano “P’a Madonna” (per la Madonna) da ogni parte d’Italia, anche dall’estero. Durante tutta la settimana per le vie del paese si respira un’aria di profonda fede cristiana che s’intreccia al folclore delle tradizioni popolari. Il simulacro viene portato in processione giorno 8, e nell’ottava giornata (il 15) vengono celebrate per tutta la mattina messe nel Santuario e nella cripta.